Farro della Garfagnana
Storia del prodotto
Graminacea coltivata da migliaia di anni nel bacino del Mediterraneo, il farro (Triticum dicoccum) è il capostipite di tutti i frumenti oggi conosciuti, compresi il grano tenero (Triticum vulgare) e il grano duro (Triticum durum), la sua coltivazione documentata risale al 7000 a.C. in Siria e Mesopotamia, dove veniva utilizzato per la preparazione di polenta e focacce, è stato l’alimento base degli Assiri, degli Egizi e di tutti i popoli antichi del Medio Oriente e del Nord Africa: con la farina di farro i Romani preparavano la puls, una polenta morbida di cui si cibavano i soldati e le plebi.
Con la comparsa del grano, il farro ha subito un “momento di crisi”, ma non in Garfagnana dove è stato sempre coltivato e ancora oggi è brillato negli antichi mulini a pietra.
Tecnica produttiva e descrizione dei processi di lavorazione
Il farro della Garfagnana, che ha ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento dell’indicazione geografica protetta ( IGP) nel 1996, deve essere coltivato su terreni idonei, poveri di elementi nutritivi, in una fascia altimetrica fra i 300 e i 1.000 m s.l.m. La semina avviene in autunno, su terreno precedentemente preparato, utilizzando seme vestito derivante dalla popolazione locale di Triticum dicoccum. La produzione di farro della Garfagnana deve avvenire, secondo la normale consuetudine della zona, senza l’impiego di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti: data l’elevata rusticità della pianta, il farro coltivato con la tecnica tradizionale risulta di fatto un prodotto biologico. La raccolta del farro avviene in estate, con le normali mietitrebbiatrici da grano, le spighette alla trebbiatura si distaccano interamente dal rachide, senza far uscire le cariossidi dalle glume e glumelle (per questo viene denominato “grano vestito”). La produzione massima consentita per ettaro è di 25 quintali di farro vestito.
Prima dell’utilizzazione la granella di farro deve essere brillata, cioè privata dei rivestimenti glumeali e di una parte del pericarpo; questa operazione (brillatura) veniva tradizionalmente effettuata con particolari molini a macine, attualmente vengono utilizzate anche semplici macchine di cui può dotarsi ogni azienda produttrice. La resa in brillato risulta pari a circa il 60-70% del prodotto iniziale, a seconda del metodo impiegato. La granella di farro brillata viene tradizionalmente impiegata intera per preparare zuppe, minestre con legumi, torte salate; può anche essere macinata per altri impieghi (paste, pane, biscotti, ecc.).
Il legame geografico del farro con la Garfagnana
Il legame geografico del farro con la Garfagnana deriva principalmente dal fatto che la popolazione locale di Triticum dicoccum, essendo stata riprodotta nella zona, ininterottamente, da tempo immemorabile, oltre ad essere geneticamente adattata all’ambiente locale (terreni, clima, tecniche di coltivazione, ecc), forma con esso un binomio inscindibile e presenta requisiti peculiari tali da renderlo perfettamente distinguibile rispetto al farro prodotto in altre zone.
Effetti benefici sulla salute
Il Farro della Garfagnana è stato riscoperto oggi per le sue eccellenti proprietà dietetiche e perché le sue fibre svolgono un’azione benefica per l’apparato digerente. Questo cereale è ricco di amido, quindi particolarmente adatto per preparare torte salate, ma in cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre: unito a fagioli e verdure si presenta come piatto semplice ma con gusti e profumi del tutto particolari. Ottimo per insalate fredde, farrotti (risotti) con funghi porcini. Si abbina in maniera eccellente ai vini rossi. La granella di farro brillata può anche essere macinata per altri impieghi (paste, pane, biscotti ecc.).
Ricette con il Farro della Garfagnana: Torta di farro Garfagnina, Insalata di farro, Zuppa di farro e non solo…